lunedì 5 dicembre 2016

Giù la maschera!

Ci hanno messo poco a tradirsi.
Prima del voto referendario tutti a giurare e spergiurare che il loro era solo uno spassionato attaccamento alla Costituzione ed alla Democrazia. Poco a che fare il NO con il Governo, con la Riforma della Scuola e, finanche, che era stato Renzi ad aver sbagliato a personalizzare il voto.
Ci è voluto poco e l'armata brancaleone che ha ottenuto il sessanta per cento dei voti, neanche il tempo di dormirci sopra, ha buttato giù la maschera.
E non mi riferisco solo a quei personaggi che hanno girato l'Italia per convincerci che la Costituzione andava difesa, che era meglio tenersi il Senato, le Province e pure il CNEL, e le Regioni che legiferano ognuna per proprio conto.
Molti di costoro, diciamolo pure, hanno fatto il loro mestiere di oppositori ad un governo di colore contrario. Si sa che Grillo lavora per andare al governo, e lo fa anche Salvini, come anche Berlusconi, Fitto e Meloni.
A questi si sono aggiunti la sinistra bertinottiana votata all'opposizione dura, pura e per sempre, a prescindere, e quella vendoliana che il gusto del potere lo ha assaporato, e pure a lungo dalle nostre parti, ma che fa finta di venire da Marte.
E, per finire, si sono aggiunti quelli che nel PD avevano perso il congresso e poi anche la poltrona e, ironia della sorte, da rottamati si sono presi la soddisfazione di rottamare il rottamatore. Devo ammettere che vedere D'Alema, assieme a Speranza ed altri, festeggiare la sconfitta del segretario del suo Partito mi ha fatto un po' specie. Ora mi aspetto che anche lui mantenga la promessa: aveva detto che dopo il referendum avrebbe finito con la politica in Italia. Vedremo.
Non sono da meno certi personaggi della sinistra o centrosinistra locale, da Bari in giù sino a Gallipoli, affetti da miopia politica, che guardano all'obiettivo vicino e non riescono a guardare lontano. Tra questi ci sono coloro che, vuoi per mantenere il posto in giunta, oppure per non scontentare il governatore o, ancora, per altri inconfessabili obiettivi, avrebbero dovuto dire di sì, ma hanno tradito la loro storia personale e politica pronti a salire sul carro di quello che si immaginava fosse il carro del vincitore o, se volete, scendere dal carro dello sconfitto. E così è stato.
Tutti insieme, appassionatamente, D'Alema ed i dalemiani, Grillo ed i grillini, Fitto ed i fittiani, Vendola ed i vendoliani, ecc. ecc. .
Il tutto, ora possiamo dirlo senza tema di smentita, a danno dei cittadini che dovranno tenersi i Senatori che verranno pagati per fare le stesse cose dei deputati; il CNEL che non si capisce cosa faccia; le Province che, pressoché svuotate di contenuti da una legge voluta dal Governo Renzi, restano scolpite in Costituzione e, quindi, nessuno potrà cancellarle definitivamente.
Bisognava giudicare la riforma, nel merito. Come tante volte è stato detto. Invece, si è parlato delle scelte del governo, anche qui, ognuno per quello che poteva essergli più favorevole o consono. E così abbiamo avuto chi ha votato no per via della legge sulle unioni civili (la destra contro la sinistra), e chi per il Jobs act (la sinistra contro la destra). Chi voleva difendere la Costituzione più bella del mondo e chi la Costituzione l'ha calpestata con i fatti, almeno nell'ultimo ventennio.
Renzi, come promesso, ha rassegnato le dimissioni da Capo del Governo e, immagino, lo farà anche da Segretario del Partito. E' un atto di coerenza che gli fa onore, soprattutto se paragonato a tutti quei personaggi della politica italiana, molti dei quali ancora in attività, che ai tempi del proporzionale e non solo, ne hanno prese di sberle elettorali, eppure non si schiodavano dalla poltrona. Finanche il leader pentastellato, che aveva annunciato le sue dimissioni non mantenne la promessa ed è ancora lì dopo aver perso le elezioni europee con un PD al quaranta per cento.
Già, il quaranta per cento, voto più, voto meno, di quanto ottenuto, in questa tornata referendaria da Renzi, e non da tutto il PD, assieme alle formazioni centriste che appoggiavano il governo. Una bella prova. Non sufficiente a far passare la riforma, ma comunque la dimostrazione che una fetta importante dell'elettorato ha condiviso gli sforzi di semplificazione della vita pubblica italiana e che ci avrebbe avvicinato alle democrazie più avanzate.
Mi pare ci siano elementi per avviare una seria riflessione sullo stato della politica italiana ed anche, non me ne vogliano, sui protagonisti della nostra vita politica locale, anch'essi presi da miopia politica galoppante.
Oggi prendiamo nota di chi ha gettato la maschera. Domani vedremo!

martedì 29 novembre 2016

La Riforma della Costituzione e l'infantilismo della Politica italiana - Il mio SÌ al referendum

A pochi giorni dalla chiusura della campagna referendaria mi voglio cimentare in una valutazione «nel merito» del provvedimento che, dopo anni di discussioni ed anche di fallimenti, viene sottoposto al giudizio degli elettori.
Lo faccio dopo aver constatato, purtroppo, che la maggior parte degli interventi, soprattutto sui social network, non badano alla sostanza della riforma ma, essenzialmente, sono il frutto di una scelta pre-giudiziale, in cui il giudizio sui contenuti viene accantonato per dar posto al giudizio sul governo, sui partiti, sulle persone, ecc. ecc.. .
 
La riforma proposta si basa su alcuni punti qualificanti:

  • L'abolizione di un Senato elettivo e l'istituzione di un Senato delle autonomie formato da 100 componenti;
  • Lo snellimento nei tempi per approvare le leggi;
  • L'abolizione del Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro);
  • Il riordino delle competenze tra Stato e Regioni con il ritorno allo Stato di materie strategiche per lo sviluppo e la programmazione economica del Paese;
  • L'abolizione formale e definitiva dalla Carta costituzionale delle Province.



La riforma del Senato,  che è il cuore della riforma stessa, permette la riduzione del numero dei senatori e l'abolizione del bicameralismo perfetto, voluto dai padri costituenti per ripartire la sovranità democratica in due Camere.

Il superamento del bicameralismo perfetto, rimasto unico caso in Europa, insieme allo sganciamento del Senato dal rapporto di fiducia al Governo, permetterà di creare una Camera politica basata sulla dialettica tra maggioranza e minoranza, come avviene in Francia, Inghilterra, Spagna, Germania e Usa. Eliminerà il cosidetto effetto "ping pong" con le lungaggini dovute agli infiniti passaggi tra Camera e Senato.

Nel nuovo assetto Camera e Senato avranno poteri diversi. La Camera voterà la fiducia al Governo e le leggi ordinarie, evitando maggioranze diverse, che bloccano, come in queste ultime legislature, l'operato del Governo, mentre il Senato rappresenterà le istituzioni territoriali e concorrerà all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e l'Unione Europea.

Il nuovo Senato sarà composto da 100 membri, 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 componenti nominati dal Presidente della Repubblica. La loro carica durerà sette anni, mentre rimarranno senatori a vita gli ex Presidenti della Repubblica.

La riforma conserva l'immunità parlamentare per i senatori nell'esercizio delle loro funzioni e non, come si vorrebbe far credere, per fatti connessi alla carica di Consigliere Regionale o Sindaco. Inoltre, una nuova legge elettorale dovrà stabilire le regole di elezione dei consiglieri-senatori.

I Senatori non percepiranno indennità di carica ma manterranno quella dei Consigli regionali e dei Comuni da cui proverranno.

Altri punti della riforma:

  • La soppressione delle Province: la Repubblica, infatti, sarà costituita dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Per questo il nuovo Senato diventerà l'organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali.
  • La soppressione del Cnel, composto da 64 consiglieri e da un presidente, con relativa eliminazione di burocrazia e di poltrone.
  • Le materie concorrenti tra Stato e Regioni, che in questi anni hanno contribuito a bloccare il Paese ed il lavoro della Corte Costituzionale, chiamata a dirimere i conflitti tra Stato e Regioni, sono state restituite allo Stato secondo quanto la Corte ha stabilito in questi ultimi anni. Per esempio, saranno di competenza esclusiva dello Stato la gestione delle reti di trasporto, i porti e aeroporti civili e la distribuzione di energia ed altre materia di importanza strategica.
  • Il procedimento legislativo è stato snellito: le leggi verranno approvate dalla sola Camera ed il Senato potrà esaminarle e, nei 30 giorni successivi, proporre modifiche su cui la Camera si pronuncerà in via definitiva. È previsto il «voto a data certa», entro 70 giorni, per i provvedimenti che il Governo ritenga essenziali per adempiere al suo programma di governo sul quale ha ricevuto il voto del corpo elettorale.
  • Per l'elezione del Presidente della Repubblica si prevede un quorum più alto, per cui non potrà essere eletto un presidente che non abbia un ampio consenso parlamentare e, quindi, con il coinvolgimento delle minoranze;
  • Viene introdotto il referendum propositivo e di indirizzo per la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. Se le firme raccolte saranno più di 800.000, la riforma prevede una sorta di premio per il referendum: il quorum sarà calcolato sulla metà dei votanti delle ultime politiche e non più sulla metà più uno degli aventi diritto. Mentre le firme per presentare un disegno di legge di iniziativa popolare passano da 50.000 a 150.000, i regolamenti della Camera dovranno indicare però tempi certi per l'esame in assemblea.
  • Per la prima volta viene riconosciuto in Costituzione uno statuto per le opposizioni e sarà possibile distinguere l'operato del Governo dalle opposizioni, che avranno dignità come nei modelli di matrice anglosassone.

Questa è la riforma e non mi pare vi sia niente di pericoloso per la democrazia, anzi, se è vero che questa deve essere efficace se vuole mantenere il consenso popolare e non alimentare, quindi, con l'inefficacia i populismi di varia natura, credo stiamo andando nella direzione giusta.
Ed è evidente che se la riforma viene valutata nel merito non può non rappresentare un serio tentativo di semplificazione e di miglioramento delle istituzioni: come si fa a dire no al taglio dei parlamentari? O alla chiarezza nel rapporto tra Stato e Regioni? Alla riduzione del numero dei politici e dei loro stipendi? Eppure il dibattito di queste settimane rasenta l'inverosimile con una tale confusione che, temo, porterà molti elettori a non recarsi alle urne.

In questo guazzabuglio non poteva mancare la eterna divisione della sinistra e, più in particolare, del Partito Democratico, per oltre un ventennio sostenitrice dei capi saldi della riforma attuale, con il paradosso che parlamentari che l'hanno votata in aula ora sono tra i più accaniti sostenitori della sua bocciatura; come pure parlamentari del centro destra, nella fattispecie di Forza Italia, che ne hanno condiviso l'impostazione ai tempi del cosiddetto “patto del Nazareno”, e che ora la maledicono come la più grave iattura possibile. Tutte forme di infantilismo politico che da decenni ormai condiziona la vita del Paese con ripicche personali, vendette e smania di protagonismo.
Per non parlare delle grossolane stupidaggini che, pure se messe in bocca a personaggi della cosidetta cultura o dello spettacolo, sono semplicemente il tentativo dei depistare gli elettori.


Molto modestamente sono del parere che oggi, alle condizioni date, la riforma proposta sia la migliore possibile e che ha il merito di aver smosso le acque della palude in cui ci eravamo cacciati. Non mi pare sia da Paese normale, per parafrasare il titolo di un libro di un ex leader della sinistra italiana, avere avuto 63 governi in 70 anni, nè di impiegare anni per varare una legge che tutti riconoscono necessaria ma che non passa per il gioco dei veti e degli inciuci.

Gioverebbe ricordare che il Governo in carica è nato dopo che le elezioni politiche del 2013 avevano portato ad una situazione di stallo pericolosissima, con maggioranze diverse tra Camera e Senato frutto di una perfida legge elettorale che non dava la sicurezza di un vincitore certo e con la paralisi del parlamento che non riusciva a trovare l'accordo per l'elezione del Presidente della Repubblica.

Certo, possiamo dire con certezza che il gioco non dipende solo dalle regole ma dalla qualità dei suoi giocatori.

Su questo versante la riforma che mi auguro possa essere approvata dalla maggioranza dei cittadini italiani, non dà alcuna garanzia: per questo c'è bisogno di un ritorno alla politica ispirata dai princìpi che sono alla base del vivere democratico; da una seria responsabilità di costruzione del bene comune, quella che ha caratterizzato la nostra classe politica nell'immediato dopo guerra; da vero senso dello Stato, che è stata la bussola di molti uomini politici nel momenti più bui della nostra Repubblica e dall'etica pubblica che non è solo quella di chi ci governa ma che deve diventare modus operandi di tutti quanti noi.


mercoledì 3 agosto 2016

APPLICATA LA SEVERINO. Fasano chieda scusa alla Città

Lo faccio per mantenere l'impegno preso con i lettori del mio blog e per dovere di verità.
Qualche settimana fa, nel pieno della campagna elettorale, espressi pubblicamente la mia opinione circa l'applicabilità della Legge Severino al candidato sindaco del fronte civico che, com'è noto, risulta essere stato condannato in primo grado a tre anni e mezzo di reclusione per corruzione, turbativa d'asta, falso ideologico e abuso d'ufficio. In pratica sostenevo che, in caso di elezione a Sindaco o, comunque, anche solo a consigliere comunale, sarebbe incappato nella sospensione dalla carica, per diciotto mesi.
Il post di Fasano
La replica del candidato e di alcuni suoi sostenitori, al netto delle nefandezze e degli insulti, affermava la infondatezza della tesi da me e da altri sostenuta, dichiarando espressamente che La Legge Severino (art. 10 e 11), riferita alla sospensione dalla carica di Sindaco per il sopraggiungere di una condanna DURANTE la stessa, NON È APPLICABILE AL NOSTRO FLAVIO FASANO! Chiosando: È tutto estremamente chiaro! Non fatevi trarre in inganno, Gallipolini! 
Uomini di legge e provetti avvocati tutti pronti e baldanzosi a far bella mostra delle loro cognizioni giuridiche per confutare l'opinione di un normale cittadino che ha il difetto di saper leggere e di capire quel che legge.
Eppure era ed è, appunto, tutto estremamente chiaro.
La legge, nella fattispecie, prevede la sospensione dalla carica per diciotto mesi. Si potrà dire che è una legge sbagliata, che è fatta male, oppure ancora che è discriminatoria perché non sospende i parlamentari condannati in primo grado ma, per dichiararli decaduti, aspetta la sentenza definitiva. Opinabile anche questo, anche se comunque vi è una ratio ben chiara.
L’inganno, come dimostra oggi il provvedimento di sospensione, era ordito proprio da loro a danno dell’intera città e dei cittadini ai quali si propinavano menzogne cercando di far passare gli altri come menzogneri.
Il Provvedimento del Prefetto di Lecce fa giustizia almeno in questo. Sbugiarda quanti hanno mistificato su questa vicenda, confermando la tesi che se, malauguratamente, quel candidato fosse stato eletto sindaco, la città sarebbe stata governata per diciotto mesi da un vice sindaco che, per stessa ammissione di Fasano, sarebbe venuto da Taranto. Così non è stato per volontà popolare. Danno limitato, quindi, trattandosi di sospensione dalla sola carica di Consigliere Comunale.
A conferma del tentato inganno oggi c’è una prova in più. Una memoria difensiva preventiva, presentata dall’Avv. Fasano, ancora prima della proclamazione degli eletti in Consiglio Comunale, ancora prima del provvedimento di sospensione, che avrebbe tutta l’aria di una excusatio non petita, che diventa accusatio manifesta. Se si era convinti che la legge non era applicabile, perché preoccuparsi di difendersi prima ancora di essere sospesi?

venerdì 8 luglio 2016

UOMINI LIBERI E QUAQUARAQUA' !

Siamo a pochi giorni dalla nomina degli Assessori che affiancheranno il Sindaco Minerva alla guida della città. Nomine che hanno fatto discutere e che non hanno accontentato tutti. Se si vuole essere precisi, possiamo dire che hanno destato più perplessità che consensi. Perplessità dovute, soprattutto, all’indicazione di qualche assessore con un passato poco apprezzato e, soprattutto, dell’asssessora proveniente da una lista che, al primo turno, correva a sostegno del candidato del centro destra.
Mi annovero tra i perplessi.
Detto questo, noto che nessuno tra i neo Assessori ha procedimenti penali in corso, ha subito condanne penali o si è macchiato di crimini contro la pubblica amministrazione. Sino a prova contraria.
Noto, invece, che dall’altra parte, la coalizione era guidata da persona condannata in via definitiva e per reati commessi nell’esercizio di funzioni pubbliche, condannata, in primo grado, per gravi reati contro la pubblica amministrazione e, soggetto a misura sospensiva dalla carica, per effetto della cosiddetta legge Severino.
Quindi in uno stato di diritto e nel pieno rispetto del codice etico per la buona politica, che il Sindaco Minerva si è impegnato a sottoscrivere e a far sottoscrivere dai suoi Assessori, non c’è nulla da obiettare, se non una questione di opportunità politica, della quale lo stesso Sindaco se ne assume tutte le responsabilità.
La cosa che fa specie sono le reazioni stizzite e poco credibili di alcuni sostenitori del candidato sindaco del fronte civico-populista, risultato sconfitto nella competizione elettorale.
Infatti, se risulta verosimile che Minerva, nel turno di ballottaggio, abbia dovuto fare un accordo con parte del centrodestra, al quale ha dovuto riconoscere una presenza nella Giunta, è altrettanto verosimile che, dall’altra parte, un accordo di pari portata è stato attuato e praticato sin dal primo turno e, quindi, anche in modo sleale nei confronti degli elettori, con una parte altrettanto importante dello stesso centrodestra. Ma qui nessuno, da quella parte, ha avuto nulla da obiettare.
Per uscire fuori dalla metafora, se si pensa che Minerva abbia fatto accordi con Guglielmetti nel turno di ballottaggio, è altrettanto verosimile ed evidente che Fasano abbia fatto accordi con Barba già dal primo turno e, poi, confermati nel secondo turno. La differenza sta semplicemente nel fatto che Minerva ha vinto le elezioni ed ha concretizzato questo accordo, Fasano le ha perse e l’accordo non lo ha potuto concretizzare.
Quindi chi, dal versante populista, si straccia le vesti, gridando allo scandalo, mente ed è un ipocrita.
Ci si trova, ancora una volta, davanti a chi pratica la doppia morale. Tutto bene e tutto consentito se accordi, sopra e sotto banco, procurano vantaggio alla propria parte, tutto male e non consentito, se ciò procura vantaggio alla parte avversa.
Da uomo libero, e con una sola morale, ribadisco le mie perplessità sulla opportunità politica di portare in Giunta personale politico schierato con altre coalizioni, pur non gravato da pendenze giudiziarie, e aspetto di misurarmi e confrontarmi sui reali problemi della città.
Ai Quaquaraquà lascio la prerogativa di rappresentare i soloni ed i saccenti, che tutto sanno e conoscono, che si stracciano le vesti davanti alla pagliuzza nell’occhio degli altri e che non vedono la trave nel proprio occhio.

martedì 28 giugno 2016

ED ORA SOSTENIAMO GALLIPOLI!

Con la proclamazione ufficiale di Stefano Minerva Sindaco di Gallipoli e con il comizio di ringraziamento del primo cittadino, si può dire definitivamente chiusa una lunga e difficile campagna elettorale.
Il responso delle urne, piaccia o no, è stato inequivocabile. Gallipoli ha voluto voltare pagina ed affidarsi alla guida di un trentenne.
E’ la prima volta in assoluto che sullo scranno più alto di Palazzo di Città siede un così giovane sindaco che lo colloca ai primi posti a livello nazionale, almeno nelle città di pari grado. Un motIvo di orgoglio in più per tutti, indistintamente.
Piaccia o no, dicevo. Perchè, nonostante le dichiarazioni di facciata ed il fair play istituzionale, ancora oggi si registrano commenti e giudizi sferzanti, come quelli che hanno scandito l’intera campagna elettorale del fronte civico-populista. La qual cosa lascia facilmente immaginare quale sarà il livello dell’opposizione in consiglio comunale e sulle piazze.
Ma ora ciò che preme ai cittadini di Gallipoli, certamente non solo a coloro che si riconoscono nella maggioranza vincente, ma, immagino, alla stragrande parte di chi non ha votato per l’attuale sindaco, è sostenere le ragioni della città.
Fatta eccezione per coloro che, come è sempre stato e, ahimè, sempre sarà, punteranno al tanto peggio tanto meglio.
La competizione elettorale non è una partita di calcio, attorno alla quale le tifoserie si contrappongono in una sfida goliardica fatta di slogan e cori da stadio, e che, anche quando arriva il verdetto del campo, si è già pronti a tifare contro, a godere delle sconfitte altrui. Questo è il tifo calcistico. Non può essere uno stile di una comunità che ha voglia e bisogno di crescere e di svilupparsi.
Chi oggi ha a cuore le sorti della città ha il dovere di sostenere l’attuale classe dirigente che, nel rispetto delle regole democratiche, ha ottenuto il successo e deve avere l’opportunità di amministrare. Spero che le lotte politiche, le contrapposizioni personali, anche le offese e le umiliazioni, vengano messe da parte.
Mi viene da dire che questo atteggiamento costruttivo dovrebbe permeare tutta la città, a tutti i suoi livelli, coinvolgendo giovani ed adulti, appartenenti ad ogni ceto sociale e ad ogni fede politica, spingendo ognuno a mettere a disposizione della comunità il proprio sapere, le proprie intuizioni, la propria voglia di cambiamento, anche la critica e la denuncia, che pure necessitano, ma finalizzandole verso la soluzione dei problemi.
E per favorire questo atteggiamento costruttivo, chi governa la città ha il dovere del dialogo, sempre. Non si può pretendere di essere compresi, se non si dialoga.
Per favorire la partecipazione popolare la Civica Amministrazione dovrà, al più presto, utilizzare tutti gli spazi di partecipazione già previsti dallo Statuto comunale, anzi dovrà ampliarli: Consulte civiche, comitati di quartiere, momenti istituzionalizzati di confronto con i cittadini, forme innovative di consultazione e la previsione di referendum popolari consultivi e abrogativi. Non si amministra da soli, ma in nome del popolo che è e resta sovrano anche al di fuori degli appuntamenti elettorali.
E per far crescere la coscienza civica, annullando i populismi e smascherando chi pesca nel torbido, occorre agire con la massima trasparenza e nel pieno rispetto della legge. Il codice etico per la buona politica non sia una bandierina da agitare in campagna elettorale, ma stile di vita ed impegno preciso di tutta la nuova classe dirigente, da sottoporre a verifica periodica.
L’invito a sostenere il Sindaco in carica, e con lui l’intera sua squadra di governo, non appaia, quindi, l’esortazione di chi ha sostenuto la candidatura di Minerva e, con essa, il ricambio generazionale, ma l’invito a sostenere Gallipoli.
Io credo che, al di là di ogni convincimento politico, oggi il ruolo di una cittadinanza che voglia servire la propria comunità, debba essere quello di porsi al servizio di un progetto di rilancio della città, con una attenzione particolare a chi più soffre per le diverse forme di emarginazione sociale. 
Voglio sperare che questo possa avvenire da subito, già iniziando ad affrontare le emergenze che la stagione estiva porta con se, fronteggiando e combattendo quanti pensano esclusivamente al proprio interesse a scapito dell'interesse generale, contemperando le esigenze di chi fa impresa con i diritti legittimi dei singoli cittadini.
Non se ne avvantaggerebbe una parte politica o uno schieramento, ne trarrebbe vantaggio tutta Gallipoli. 

martedì 21 giugno 2016

ALCUNE BUONE RAGIONI PER NON VOTARE L'EX SINDACO FASANO


Poche ore ancora e questa campagna elettorale, brutta ed indecorosa, si chiuderà lasciando ad ognuno di noi la possibilità di scegliere come meglio farci amministrare nei prossimi anni.

Ecco, allora, alcune buone ragioni per non votare il candidato dello schieramento civico che, nel secondo turno, gode dell'appoggio ufficiale della lista Noi con Salvini e di Forza Italia, che già al primo turno ha giocato sul voto disgiunto.

Già questo sarebbe motivo di esclusione da ogni possibile opzione.

Ma veniamo ai fatti.

    La prima ragione è data dal fatto che, chi oggi si presenta con i panni dell'uomo nuovo, è persona che ha già fatto il Sindaco, per complessivi otto anni, dal 1990 al 1991, e poi, quasi ininterrottamente dal 1993 al 2000. In altri casi, Comuni piccoli o grandi che abbiano goduto di un così lungo periodo di stabilità politica hanno fatto passi da gigante.

    Gallipoli, in quegli anni, è rimasta al palo. E questo è ancora più grave se si considera che in quel periodo, una favorevole congiuntura politica (il centrosinistra governava la Provincia, la Regione e la Nazione), forniva moltissime possibilità, invece, trascurate.

    Di contro, e questo è il secondo motivo per guardare altrove, quel candidato Sindaco oggi si trova in una totale situazione di isolamento politico dal resto del contesto regionale, nazionale e, finanche, europeo. In pratica non ha alcun interlocutore al quale rivolgersi per poter utilizzare i canali di finanziamento e sfruttare tutte le possibilità che, a quei livelli, possono essere messe a disposizione della città.

    La terza ragione è tutta imperniata su rilievi di carattere morale.

    Il candidato sindaco civico, a tutt'oggi risulta essere stato condannato, in via definitiva, a cinque mesi di reclusione per reato collegato ad un abuso edilizio, reato commesso nelle funzioni di Sindaco della città. Risulta condannato per diffamazione. Risulta condannato a tre anni e mezzo di reclusione, per reati gravissimi contro la pubblica amministrazione, quali corruzione, turbativa d'asta, falso ideologico e abuso d'ufficio, reati commessi durante l'esercizio del mandato di Assessore Provinciale.

    Quest'ultima condizione gli impedirebbe di svolgere il compito di Sindaco, qualora eletto, perché sarebbe sospeso, per almeno diciotto mesi, per effetto della cosiddetta Legge Severino.

    Altro motivo per non votare il candidato di Gallipoli Futura è l'inaffidabilità. Si presenta come mansueto ed ammaliatore quando ha bisogno di portarti dalla sua parte, quando deve usare dell'eventuale valore aggiunto al suo peso specifico, ma guai a contestarne le scelte. Diventa il più irascibile degli uomini, ti rivolta addosso una serie di insulti e di contumelie che rischiano di far male davvero a chi non ha una forte tempra.

    Molto eloquenti i comizi di questi giorni, durante i quali ha rovesciato tutto l'odio possibile sugli avversari politici, salvo poi, a chiudere accordi con alcuni di essi, sopra e sotto banco. Si presenta come moralizzatore, ma poi si distingue per lo scarso senso della Giustizia. Promette rispetto delle regole, e poi, quando non sono confacenti ai suoi interessi, le calpesta e le ridicolizza.

    La ragione vera della sua ennesima candidatura è l'affermazione della sua persona e la voglia di riabilitare se stesso davanti all'opinione pubblica, interna ed esterna.

    E, per finire, evitando di entrare nei tanti piccoli particolari che ci darebbero un quadro definito della questione, quel candidato non può essere votato per una semplice analisi dei comportamenti assunti, a partire dal suo primo incarico pubblico, quando nel 1989 iniziò svolgendo le funzioni di assessore comunale al bilancio. Non ripeto quanto detto in precedenti interventi, ma la bramosia del potere e l'attaccamento alla poltrona, lo hanno portato già dal 1991, ad esercitare un ruolo devastante per la città, quando, da Sindaco, pur di coprire sue gravi responsabilità nella gestione amministrativa, non esitò a scaricare su altri quelle responsabilità, ergendosi a paladino della moralità, infangando l'intera città con l'ingiuria di mafiosità (rivelatasi poi manifestamente infondata) e preparando la sua ascesa personale e l'approdo ai Palazzi romani, rimasto un sogno svanito nel nulla e mai più realizzabile.

Queste le ragioni, e non le uniche, per cui non si deve votare il candidato del fronte civico.

Ragioni che portano, invece, a dire che per impedire un pauroso salto all'indietro, il rischio di una involuzione anche nei rapporti sociali ed ancora anni di paralisi amministrativa, la scelta obbligata che si pone davanti a noi è quella che porta a dare il voto al giovane Stefano Minerva.

C'è bisogno di cambiare aria, di ricominciare ad appropriarci del nostro futuro.

E chi può meglio guardare al futuro se non i nostri giovani?

Sono fiducioso che questo avverrà e che per Gallipoli il prossimo 19 giugno si aprirà una nuova pagina che non potrà che essere migliore di quelle che abbiano letto sino ad oggi.


 Buon voto a tutti!

17 GIUGNO 2016






Fronte unico, contro il populismo e l'insolenza e per Gallipoli

Sta per chiudersi questo supplemento di campagna elettorale che ci porterà all'elezione del Sindaco della città di Gallipoli. Una brutta campagna elettorale, segnata da insulti ed offese che mai prima d'ora s'erano sentiti. 
E, nonostante i tentativi di addossare la responsabilità di tale decadimento alle parti avverse, il principale responsabile di ciò è il candidato sindaco delle civiche, seguito a ruota, dall'ex deputato di Forza Italia (memorabile, in senso negativo, ovviamente, il suo primo ed ultimo comizio), per gli attacchi sguaiati proprio all'indirizzo del candidato civico.
Le insolenze più gravi da attribuire al candidato della civica e rivolte ai candidati degli altri due schieramenti, ma anche a semplici sostenitori od alle loro famiglie, vanno dal “venditore di banane di plastica”, a “cameriere”, da “sporcaccione” a “vigliacco”, dal “non capisci niente” a “sei un ingrato”.
Tutte perle tratte dal galateo del buon sindaco!
Tutte arguzie di uno pseudo-leader sulla via del tramonto.
Se il giudizio degli elettori dovesse formarsi sulla base di tali argomentazioni e, quindi, sulla totale assenza di rispetto per la dignità delle persone, il capitolo elezioni sarebbe già chiuso a suo discapito.
La volgarità del linguaggio e la meschinità dei comportamenti sta ad indicare la volontà di cavalcare la più becera delle forme di populismo, tanto da portare, e non a caso, quella stessa formazione ad una alleanza ufficiale con la lista che si richiama al leghista Salvini, ed una, non ufficiale, ma realizzatasi già al primo turno, con l'ex forzista.
Non sarebbe la prima volta, d'altra parte, che le figure politiche locali più rappresentative dell'ultimo trentennio, si ritrovano dalla stessa parte. E' successo ai tempi del primo D'Alema, si è ripetuto con l'appoggio diretto a candidati fidatissimi inseriti nelle liste del PDL nelle amministrative del 2012, si stava concretizzando, nel 1998, con la nomina a difensore civico del petroliere di Piazza Moro, sventata da consiglieri comunali di buon senso.
Così come non è la prima volta che, pur di mantenersi attaccato alla poltrona o, comunque, pur di esercitare il proprio potere, l'attuale aspirante civico organizza associazioni o coalizioni che si pongono in netta contrapposizione con il suo ex partito, dal quale è entrato ed è uscito, fino alla sua cacciata, come da una porta girevole, determinandone, quindi, la sconfitta elettorale.
Ora c'è bisogno di un fronte unico delle persone per bene che si faccia carico di una responsabilità che, ora ed in queste ore, viene caricata sulle loro spalle. Persone per bene, normalissime, che si affrancano dalla logica dell'appartenenza e si proiettano verso una logica della cittadinanza.
Non dirò mai che le persone per bene stanno da una sola parte e che dall'altra sono tutti brutti, sporchi e cattivi, come fanno i populisti locali e gli arruffa popolo. 
Dirò invece che vi sono persone per bene che non riescono a leggere bene la realtà. 
Dirò che, rimosse le lenti deformanti della demagogia e del populismo, probabilmente riuscirebbero a vedere che oggi si pone davanti a noi un bivio: da una parte la perdizione in un vortice fatto di piccole o grandi vendette, tutte finalizzate alla esasperata affermazione del proprio io. Dall'altra la speranza di poter imboccare un nuovo corso, quello che solo una classe politica nuova, fresca e rinnovata può fare.
Sbagliare ancora una volta sarebbe imperdonabile, ora che la candidatura di Stefano Minerva può garantire tutto questo. 
Non solo. Ma ora che una circostanza straordinaria irripetibile, ci offre la possibilità di avere un sindaco capace di dialogare costruttivamente con il Governo nazionale, con quello regionale e con quello europeo e, quindi, con tutte le opportunità che da questo dialogo possono venire per Gallipoli. 
Questa sola considerazione basterebbe per spostare decine, centinaia e migliaia di voti dalla vuota ed incomprensibile candidatura civica a quella di Minerva. 
Sono le persone di buon senso che riconoscono questa opportunità. I più illuminati osservatori, anche esterni, giudicano questa come la migliore opportunità che ci potesse capitare. 
Di contro, l'altra possibilità, come la peggiore iattura per la città.
L'obiettivo è alla nostra portata e sta per prendere corpo.
Quindi, non solo fronte unico contro il populismo e l'insolenza, ma per il bene esclusivo della città. 
Da oggi sino a domenica prossima, questo deve essere il nostro impegno.
Buona fortuna, Gallipoli!

P.S.:
Nell'ultimo post di questa campagna elettorale, intervengo per mozione d'ordine, come si direbbe in Consiglio Comunale, per fatto personale.
Premesso che non ho ascoltato uno solo degli squallidi comizi del candidato civico, tanto era ed è il disgusto per i toni da lui utilizzati e per la sostanza inesistente, ma che, purtroppo, alcune insolenze mi sono state riferite, ed accolte da me con un sorriso, vorrei consigliare al Sig. Fasano di farsene una ragione.
Lo chiamo per cognome, per la prima volta, e come lui ha fatto con me. 
Invitandolo, quando pronuncia il cognome della mia famiglia, a sciacquarsi per bene la bocca. Lo faccia non per me, non mi curo di questo, sono mille metri più alto dalla sua pochezza, ma lo faccia per rispetto a chi lo circonda. Per coloro che, giovani e meno giovani, hanno il diritto di conoscere un'altra faccia della politica, quella nobile e rispettosa. Proprio come è successo a me. Quella che più mi ha edificato, quella di grandi uomini e donne che provenivano sia dalla mia tradizione politica sia da quella che lui ha miseramente calpestato, con meschinità e bassezze.
Se per i suoi processi potrà esserci un secondo grado di giudizio, in questo caso, comunque vadano le cose, questa battaglia l'ha già persa. 
E non ci può essere appello che tenga.

15 GIUGNO 2016