martedì 21 giugno 2016

L'ORTICARIA DEI POTENTI ED IL SORRISO DEI SAPIENTI

La campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale e l'elezione del Sindaco della città sta ormai per chiudersi e gli schieramenti in campo si preparano agli ultimi appelli.
Abbiano vissuto un periodo piuttosto animato, le polemiche non si son fatte desiderare e, con queste, i colpi di teatro. Lettere datate nel tempo e rese, invece, attuali. Sentenze interpretate a proprio uso, come a proprio uso è stata interpretata l'applicazione di una legge. Annunci clamorosi, seguiti dal nulla ed, infine, falsità e bugie, al limite della calunnia. Accuse ridicole di voto di scambio, da chi elargisce prebende e promette mari e monti. 
La politica, si dice, è questa. Ma non è così. La politica, quella vera, è quella del servizio incondizionato e disinteressato in favore del bene comune, quella che parla di programmi, che è sobria, che non mente sul proprio passato, che guarda avanti e non si fa trascinare indietro nel tempo.
Cosa ci si può aspettare, allora, da chi non riesce a far bene neanche una campagna elettorale? Che diventa irascibile alla minima contestazione, che non rispetta le idee degli avversari, che li denigra, che urla contumelie riuscendo solo a suscitare gli applausi degli astanti, ma tanta ilarità in chi è abituato a ragionare con la propria testa?
Ne ho viste e ne ho fatte di campagne elettorali, anche in periodi di forti contrapposizioni ideologiche. Ma non mi sarei aspettato di vedere quanto ho visto in questa e ad opera, poi, di chi, per età e posizione sociale, avrebbe dovuto affrontarla in tutt'altro modo.

Qualche sera fa, su invito del candidato Sindaco Stefano Minerva, ho fatto un breve intervento in piazza, assieme ad altri due amici ex amministratori comunali di area centrosinistra, per sostenere le ragioni della candidatura del giovane esponente del PD.
Non credevo di offendere nessuno se ho ricordato la necessità di uscire di scena quando si è fatto un certo numero di anni (quasi trenta) occupando ruoli importanti e, quindi, favorire il ricambio generazionale; Non pensavo di parlar male di alcuno se ho ribadito la obbligatorietà del rispetto delle leggi, anche quando queste non sono di nostro gradimento e, quindi, anche della Legge Severino che prevede la sospensione di diritto dalle cariche per gli amministratori di enti locali che hanno riportato una condanna, ancorché non definitiva, per reati contro la Pubblica Amministrazione; Non reputo di aver proferito minaccia alcuna se ho richiamato alla sobrietà e al rispetto degli avversari, alla trasparenza nell'azione amministrativa come arma per sconfiggere il populismo e la mala politica.
Il candidato civico alla carica di Sindaco, nell'intervento che ha seguito il mio, ed anche in altri successivi, si è lasciato andare, tra applausi dovuti e silenzi imbarazzati, ad una delle sue solite invettive, con lo stile ormai noto ma che non ha più presa sulla gente e non spaventa proprio nessuno.
Motivo di tale reazione? La lesa maestà! 
 
Ora, pur essendo convinto che a certe nefandezze è meglio non rispondere, perchè, tanto, si commentano da sole, replico solo perché nessuno pensi di avermi intimidito. 
 
Le considerazioni da fare sono almeno due:
La prima è che, a tutti i livelli, non escluso il nostro, richiamare la Legge fa sempre venire l'orticaria ai potenti o, meglio, a coloro che credono di esserlo. La legge è legge e va rispettata. Sempre. Anche quando non piace. Se da parte mia c'è stato un richiamo a questo semplice ed elementare principio, proprio di uno Stato di diritto, la risposta di una persona per bene doveva essere il pieno assoggettamento alla legge. Lo devono tutti i cittadini. Lo devono, a maggior ragione, coloro che hanno svolto un ruolo pubblico o si candidano a farlo.
In secondo luogo, ancora una volta, si è evidenziato un batterio che sembra contagiare la politica nostrana. Quello di credere di poter esercitare un ruolo padronale, laddove ciò che si concede, sia esso un diritto o il riconoscimento di una funzione, non è un atto dovuto ma una gentile concessione del capo. Si è, quindi, grati (persona gradita) se ossequi il capo e non lo contraddici. Si è ingrati se contesti qualcosa che al capo non va.
Ora, se mai non vi fossero altri seri motivi per fare una scelta diversa (e ce ne sono !), già questo basta e avanza per indirizzare il voto altrove.
E per me guardare altrove significa guardare verso Stefano Minerva che, nonostante la sua giovane età, ha dimostrato di avere più sapienza dei suoi competitori. Ed è il candidato sindaco che più è riuscito a mobilitare le coscienze facendo sognare quanti, giovani e adulti, hanno a cuore le sorti della città.
Lo ha fatto col sorriso e sfoderando tanta di quella grinta e di quella passione civile da disarmare letteralmente i suoi avversari politici e, soprattutto, facendo chiaramente capire che la svolta (o la #risvolta, come la chiama lui) è a portata di mano. Guai a farsela scappare un'altra volta.

Buon voto a tutti! 

3 GIUGNO 2016 

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