La
campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale e
l'elezione del Sindaco della città sta ormai per chiudersi e gli
schieramenti in campo si preparano agli ultimi appelli.
Abbiano
vissuto un periodo piuttosto animato, le polemiche non si son fatte
desiderare e, con queste, i colpi di teatro. Lettere datate nel tempo e
rese, invece, attuali. Sentenze interpretate a proprio uso, come a
proprio uso è stata interpretata l'applicazione di una legge. Annunci
clamorosi, seguiti dal nulla ed, infine, falsità e bugie, al limite della calunnia. Accuse ridicole di voto di scambio, da chi elargisce prebende e promette mari e monti.
La
politica, si dice, è questa. Ma non è così. La politica, quella
vera, è quella del servizio incondizionato e disinteressato in
favore del bene comune, quella che parla di programmi, che è sobria,
che non mente sul proprio passato, che guarda avanti e non si fa
trascinare indietro nel tempo.
Cosa
ci si può aspettare, allora, da chi non riesce a far bene neanche
una campagna elettorale? Che diventa irascibile alla minima
contestazione, che non rispetta le idee degli avversari, che li
denigra, che urla contumelie riuscendo solo a suscitare gli applausi
degli astanti, ma tanta ilarità in chi è abituato a ragionare con
la propria testa?
Ne
ho viste e ne ho fatte di campagne elettorali, anche in periodi di
forti contrapposizioni ideologiche. Ma non mi sarei aspettato di
vedere quanto ho visto in questa e ad opera, poi, di chi, per età e
posizione sociale, avrebbe dovuto affrontarla in tutt'altro modo.
Qualche
sera fa, su invito del candidato Sindaco Stefano Minerva, ho fatto un
breve intervento in piazza, assieme ad altri due amici ex
amministratori comunali di area centrosinistra, per sostenere le
ragioni della candidatura del giovane esponente del PD.
Non
credevo di offendere nessuno se ho ricordato la necessità di uscire
di scena quando si è fatto un certo numero di anni (quasi trenta) occupando ruoli
importanti e, quindi, favorire il ricambio generazionale; Non pensavo di parlar male di alcuno se ho ribadito la obbligatorietà del
rispetto delle leggi, anche quando queste non sono di nostro
gradimento e, quindi, anche della Legge Severino che prevede la
sospensione di diritto dalle cariche per gli amministratori di enti
locali che hanno riportato una condanna, ancorché non definitiva, per reati
contro la Pubblica Amministrazione; Non reputo di aver proferito minaccia
alcuna se ho richiamato alla sobrietà e al rispetto
degli avversari, alla trasparenza nell'azione amministrativa come
arma per sconfiggere il populismo e la mala politica.
Il
candidato civico alla carica di Sindaco, nell'intervento che ha
seguito il mio, ed anche in altri successivi, si è lasciato andare,
tra applausi dovuti e silenzi imbarazzati, ad una delle sue solite
invettive, con lo stile ormai noto ma che non ha più presa sulla
gente e non spaventa proprio nessuno.
Motivo
di tale reazione? La lesa maestà!
Ora, pur essendo convinto che a certe nefandezze è meglio non rispondere, perchè, tanto, si commentano da sole, replico
solo perché nessuno pensi di avermi intimidito.
Le
considerazioni da fare sono
almeno due:
La
prima è che, a tutti i livelli, non escluso il nostro, richiamare la
Legge fa sempre venire l'orticaria ai potenti o, meglio, a coloro che
credono di esserlo. La legge è legge e va rispettata. Sempre. Anche
quando non piace. Se da parte mia c'è stato un richiamo a questo
semplice ed elementare principio, proprio di uno Stato di diritto, la
risposta di una persona per bene doveva essere il pieno
assoggettamento alla legge. Lo devono tutti i cittadini. Lo devono, a
maggior ragione, coloro che hanno svolto un ruolo pubblico o si
candidano a farlo.
In
secondo luogo, ancora una volta, si è evidenziato un batterio che
sembra contagiare la politica nostrana. Quello di credere di poter
esercitare un ruolo padronale, laddove ciò che si concede, sia esso
un diritto o il riconoscimento di una funzione, non è un atto dovuto
ma una gentile concessione del capo. Si è, quindi, grati (persona
gradita) se ossequi il capo e non lo contraddici. Si è ingrati se
contesti
qualcosa che al capo non va.
Ora,
se mai non vi fossero altri seri motivi per fare una scelta diversa
(e ce ne sono !), già questo basta e avanza per indirizzare il voto
altrove.
E
per me guardare altrove significa guardare verso Stefano Minerva che,
nonostante la sua giovane età, ha dimostrato di avere più sapienza
dei suoi competitori. Ed è il candidato sindaco che più è riuscito
a mobilitare le coscienze facendo sognare quanti, giovani e adulti,
hanno a cuore le sorti della città.
Lo
ha fatto col sorriso e sfoderando tanta di quella grinta e di quella passione
civile
da
disarmare letteralmente i
suoi avversari politici e, soprattutto, facendo chiaramente capire
che la svolta (o la #risvolta, come la chiama lui) è a portata di
mano. Guai a farsela scappare un'altra volta.
Buon
voto a tutti!
3 GIUGNO 2016
3 GIUGNO 2016

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