domenica 24 aprile 2016

Cambiamento? Ora, prima che sia troppo tardi.

Resto sempre più perplesso davanti al quadro - si fa per dire - politico che si va via via realizzando nella nostra città in vista delle elezioni amministrative del 5 giugno prossimo. Gli schieramenti, al momento, sono tre, e vorrebbero ricalcare lo schema tradizionale di un centrodestra, guidato dall'ex Consigliere Provinciale Sandro Quintana, contrapposto ad un centrosinistra, capeggiato da un giovanissimo Stefano Minerva, ed, al centro, ma non al centro politico, uno schieramento di forze cosiddette civiche, capitanate dall'intramontabile Flavio Fasano.
Le mie perplessità nascono dal rilevare che ad una istanza di cambiamento che proviene dall'intera città, e dopo un lunga stagione politica segnata dalla persistente instabilità e dal ripetersi di episodi di malcostume politico, la classe politica non stia provando a dare una risposta forte in termini di cambiamento nei metodi e nella individuazione del personale politico che quel cambiamento dovrà poi interpretare. E questo, e me ne dispiace, dopo che la candidatura del giovane Minerva aveva fatto sperare in una reazione a catena tale da coinvolgere tutti i soggetti in campo.
Così non è per lo schieramento civico che resta capitanato da chi ha ormai calcato la scena per tantissimo tempo (sindaco già nel 1989), una personalità molto controversa sulla quale la città si è spesso divisa e che non rappresenta certamente il cambiamento voluto e desiderato dai cittadini e che, cosa molto più grave e seria, fa correre alla città il rischio della ingovernabilità per effetto della cosiddetta Legge Severino.
Non mi pare vi siano le condizioni per brindare al cambiamento neanche osservando quanto avviene in casa del centrodestra dove riappaiono uomini che da almeno un trentennio, forse anche di più, iscrivono i loro nomi nella cronaca politica locale e che sono stati l’ossatura delle ultime amministrazioni naufragate per l’esasperazione delle posizioni spesso dettate da interessi particolari e poco propense all'interesse generale.
Ed infine, anche se dopo un primo impatto positivo dovuto alla giovane età ed all'entusiasmo con cui ha mosso i primi passi, non difetta di incoerenza neanche il centrosinistra che negli slogan punta molto sul cambiamento ma che, nei fatti, stringe accordi con quel ceto politico che si voleva emarginare dando un pessimo segnale proprio a quei giovani che con tanto slancio si sono avvicinati alla politica.
A tutto ciò si aggiunga la presenza di una mina vagante che ormai in avanzato stato di dissolvimento propone il suo abbraccio letale a tutti i protagonisti della vicenda politica locale, trovando ancora, purtroppo, disponibilità.
Perplessità, ho detto all'inizio. Ma la gente comune, quella stanca di vedere sempre le stesse facce e con esse sempre lo stesso modo di amministrare, usa termini molto più forti ed irripetibili, ma facilmente immaginabili.
Così la buona politica, con buona pace di quanti hanno tentato di interpretarla anche qui da noi, si allontana sempre di più per lasciare posto alla solita vecchia politica cara agli opportunisti.
Se spazio, tempo e voglia ci fosse ancora da qui sino al termine per la presentazione della liste, inviterei ad un gesto di coraggio, per un cambiamento vero.
Scrivo queste mie riflessioni alla vigilia della festa della Liberazione dal nazifascismo e credo che anche il ricordo di quanti hanno sacrificato la loro vita per gli ideali di libertà e democrazia dovrebbe indurre quanti hanno a cuore quei valori ad operare un taglio netto con un passato così poco glorioso. Ora, prima che sia troppo tardi.

    Roberto Piro


venerdì 8 aprile 2016

DISCIPLINA E ONORE PER CHI ESERCITA PUBBLICHE FUNZIONI

Costituzione della Repubblica Italiana - Articolo 54


I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore ….

E’ uno degli articoli più belli ed importanti della nostra Costituzione repubblicana. Un precetto ed un monito quantomai attuale e che mi piace richiamare proprio mentre sono in fase di formazione le liste elettorali e di indicazione di candidati Sindaci e Consiglieri Comunali. Di coloro ai quali, cioè, saranno affidate funzioni pubbliche.
Sarebbe sufficiente applicare alla lettera il dettato costituzionale per assolvere ad una esigenza ampiamente avvertita dalla nostra comunità, stanca, orma da lunghi anni, di assistere ai soliti balletti, dei soliti nomi e delle solite crisi, frutto dei comportamenti di pochi ben individuabili personaggi politici locali.
Disciplina e onore vorrebbero, innanzitutto, che chi si è reso responsabile di comportamenti nei confronti della pubblica amministrazione o nell’esercizio di pubblico mandato, sanzionati da Tribunali in nome del popolo italiano, facesse un passo indietro lasciando ad altri il compito di amministrare. Così come vorrebbe piena condivisione ed accettazione delle leggi della Repubblica, anche di quelle poco gradite o non condivise. Dura lex sed lex!
Disciplina e onore vorrebbero, in secondo luogo, che chi, disinvoltamente, ha assunto posizioni ed atteggiamenti poco consoni al ruolo ricoperto, tradendo o disonorando, più volte, il mandato elettorale e che si è reso responsabile di repentini cambi di casacca, non certo motivati dal nobile principio costituzionale dell’esercizio delle funzioni senza vincolo di mandato, ma per molto meno nobili e conosciuti motivi, dovrebbe farsi da parte.
Disciplina e onore vorrebbero, ancora, che se tale necessità (quella di farsi da parte o, se si preferisce, di uscire di scena) non viene avvertita dai singoli soggetti, perché troppo presi dalla loro "missione", fosse regola d’oro dei partiti politici, delle coalizioni e di quanti si si assumono la responsabilità di formare classe dirigente.
Ho ritenuto di rendere pubbliche queste mie modeste riflessioni, dopo aver ragionato qualche giorno fa sull’importanza di sapere ben riconoscere quando giunge il momento di uscire di scena. 
Lo faccio perché mi preoccupa, ancora una volta, il ciclico ritornare a parlare delle stesse medesime persone e delle stesse problematiche che, pare, angustino non poco gli addetti ai lavori della politica locale e, molto di più, i tanti onesti cittadini che esprimono indignazione.
Si dibatte ancora, nonostante le prove siano sotto gli occhi di tutti, se sia più opportuno tralasciare i “tesoretti” elettorali di alcuni ben noti personaggi, anche a costo di non farcela, oppure se si debbano, ancora una volta, acettare tutti, proprio tutti, e ripetere le esperienze delle ultime amministrazioni della città, miseramente naufragate sotto i colpi del trasformismo politico e dell’interesse personale.
Non ho dubbio alcuno che la strada maestra da seguire sia la prima, quella cioè che porta alla rinuncia delle rendite di voti che, spesso, non sono frutto di consenso vero ma di clientele e di pratiche molto discutibili.
E non ho certo dubbio che tale strada debba essere intrapresa da chi ha l’ambizione di dare alla città una svolta epocale, con ampio coinvolgimento dei giovani, e che ha davanti a sé non la sola voglia di vincere o, peggio, la sola voglia di riscatto personale, ma ha davanti la prospettiva di rilancio della città e di aprire una fase nuova nella storia tormentata di questa comunità.

Le condizioni per la svolta ci sono tutte, occorre trovare un pizzico di coraggio in più!

Roberto Piro

lunedì 4 aprile 2016

QUANDO E' BENE USCIRE DI SCENA

Proprio mentre sui social e sulle piazze cittadine si apre la discussione sul rinnovamento della classe politica locale con la candidatura a sindaco di personaggi che hanno fatto il loro tempo e che calcano la scena politica da circa un trentennio, mi sono imbattuto, quasi per caso, in una dichiarazione di Pier Luigi Castagnetti, ex segretario nazionale del Partito Popolare Italiano, ed ora fuori dalla politica attiva.

“”“ L'interesse per la politica dovrebbe appartenere a tutti i cittadini. Sicuramente chi l'ha praticata non può dismetterlo, ed è giusto. Ma chi l'ha praticata, soprattutto se con qualche responsabilità rilevante, dovrebbe fare quotidianamente "esercizi di sopravvivenza al di fuori", della politica s'intende. Bisogna dimettersi mentalmente dal ruolo costruito nei decenni precedenti. Accettare di essere usciti di scena perché la scena è cambiata e nella nuova non è prevista una parte per te, anche se tu ritieni che l'avresti recitata meglio, molto meglio. Accettare (cioè rispettare, limitarsi a seguire) un copione che ritieni sia scritto male, addirittura a tratti non capirlo. Chissà, forse lo spettacolo alla fine risulterà più bello di come tu possa immaginare. Ciò che importa è resistere. A che? Alla tentazione di irrompere sul palcoscenico. “””

Trovo queste affermazioni di straordinaria lucidità e che danno una chiave di lettura ai nostri aneliti di ricambio generazionale in ambito politico, e non solo. 
Le questioni che si pongono davanti a noi, al di là dei bizantinismi tanto cari ai protagonisti di questa fase politica, sono queste:
E' opportuno che chi ha avuto in passato e per lungo tempo rilevanti responsabilità nella gestione della cosa pubblica possa ancora candidarsi a guidare la città?
E' giusto che, anziché immettere energie fresche, in grado di dare la svolta tanto agognata, si preferisca ritornare a giocare ruoli e dettare ricette che, per quanto siano stati importanti in passato, hanno fatto il loro tempo e sono datati nel secolo scorso?
Non sarebbe opportuno, come molti stanno già facendo, farsi da parte, cambiando di ruolo e mettendosi al servizio di una nuova classe politica che, con fatica ma con grande coraggio, sta emergendo, facendo dono delle conoscenze e delle esperienze maturate?

La risposta l'ho trovata ieri sera in piazza, ascoltando l'intervento di Stefano Minerva e dei giovani che erano con lui sul palco, nei quali rivedevo l'entusiasmo e la capacità di sognare che è stata mia in passato (e che, devo ammetterlo, non ho ancora smesso di avere). Quella capacità di mobilitare le coscienze e di risvegliare dal torpore una società che appare sclerotizzata, disaffezionata dalla Politica e rassegnata.
La risposta mi viene dalla consapevolezza che il treno delle opportunità passa una sola volta davanti alle singole persone, come anche davanti alle comunità intere. Bisogna saperci salire ed anche scendere al momento opportuno.
Proprio come dal palcoscenico evocato da Castagnetti, accettando di essere usciti di scena, non perché non si sia capaci di recitare, ma perché la scena è cambiata e nella nuova non c'è una parte adatta a noi.