Non so come finirà questa brutta
storia della crisi amministrativa del Comune di Gallipoli. Non so se
augurarmi che si riesca a trovare una soluzione oppure se non sia il
caso di staccare definitivamente la spina e ridare la parola al
popolo.
Non so se gli assessori che il Sindaco
si appresta a scegliere saranno assessori e basta, cioè persone
dedite esclusivamente al bene comune, oppure saranno assessori col
trattino. Come quelli che abbiano visto nel recente passato, quando
quel trattino congiungeva, per alcuni di loro, l’essere
imprenditore, operatore turistico, commerciante, ristoratore, tutto
fare, ecc. ecc. .
Non so, ancora, se quello stesso popolo
che oggi soffre, si lamenta ed impreca, quando dovesse trovarsi
davanti alla scelta degli amministratori futuri troverà il coraggio
di fare scelte conseguenti oppure si farà nuovamente imbrigliare
dalle cosiddette amicizie, sane o interessate che siano, se prenderà
ancora per buone le promesse che da ogni parte verranno proclamate, o
se prenderà qualche piccola regalia in cambio del proprio voto.
Sono tante le cose che non so ed i
dubbi che mi prendono, da persona adusa alle cose della politica, ma
da tempo osservatore attento, ma distaccato.
La cosa che so e che vedo è la lenta
agonia della città e con essa della sua economia, destinata a
collassare se non si porrà rimedio allo sfacelo di questi ultimi
anni, caratterizzati da scelte senza criterio, dettate
dall'improvvisazione e senza alcuna programmazione.
Perché dì agonia si tratta, a
dispetto di chi pensa che questo sia sviluppo.
E’, invece, morte lenta della
bellezza, del sentimento, della storia di un popolo, tutto sovrastato
e sacrificato sull’altare del profitto di pochi, del clientelismo
politico, per la irresponsabilità di chi non sa discernere tra
l’interesse generale di una comunità e l’interesse di un singolo
o di una categoria di persone.
Ma la cosa che più mi angoscia è che
la classe dirigente di questa città sta da tempo sottovalutando il
valore pedagogico delle proprie azioni. Ho la sensazione che stia
prevalendo, e non da oggi, un modo di intendere la gestione della
cosa pubblica che anziché sollecitare l’impegno politico in favore
del bene comune, genera cattivo esempio e spinge alla emulazione in
negativo, perché chi è preposto a far rispettare le regole non lo
fa, o, peggio ancora, aiuta ad agirarle.
Chi fa questo non solo non assolve ad
un suo precipuo dovere ma esercita una sorta di incitazione alla
disobbedienza, che risulta già oggi devastante.
L’amministratore che giura di
impegnarsi per la propria comunità e poi non lo fa determina un
pessimo esempio. Che direste di un assessore alla polizia urbana che
parcheggia in doppia fila? E di chi dovrebbe curare le politiche
sociali in favore delle categorie più svantaggiate, penso alle
persone anziane, e poi con le proprie attività intacca i più
elementari diritti di queste ultime. Costui tradisce il mandato
elettorale e diventa pessimo maestro.
Perché mai il cittadino, giovane o
adulto che sia, non dovrebbe sporcare per strada, dovrebbe esimersi
dallo schiamazzo notturno, dovrebbe rispettare il riposo dei
cittadini e degli ospiti, dovrebbe parcheggiare la propria auto senza
recare intralcio alla circolazione, attenersi, insomma, alle leggi ed
ai regolamenti se ad altri, singoli o gruppi di persone, è
consentito di occupare e di deturpare più o meno abusivamente il
suolo pubblico e le bellezze artistiche della città, di rendere
insonni le notti dei cittadini a suon di musica fuori dagli orari e
dei decibel consentiti, oppure, ancora, di intralciare, questa volta,
con panche, gazebo ed ombrelloni la libera circolazione dei
cittadini, disabili compresi?
Non è solo esigenza di buona
amministrazione, questa. E’ consapevolezza che gli altri, i più
giovani, guardano ed imparano dall’esempio che viene loro dai più
grandi.
Se è questo l’esempio che
arriva dall’alto, vorrei sbagliarmi, ma temo che, per il futuro,
non possiamo aspettarci niente di buono.
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