venerdì 31 luglio 2015

Se nella classe dirigente manca il valore pedagogico!

Non so come finirà questa brutta storia della crisi amministrativa del Comune di Gallipoli. Non so se augurarmi che si riesca a trovare una soluzione oppure se non sia il caso di staccare definitivamente la spina e ridare la parola al popolo.
Non so se gli assessori che il Sindaco si appresta a scegliere saranno assessori e basta, cioè persone dedite esclusivamente al bene comune, oppure saranno assessori col trattino. Come quelli che abbiano visto nel recente passato, quando quel trattino congiungeva, per alcuni di loro, l’essere imprenditore, operatore turistico, commerciante, ristoratore, tutto fare, ecc. ecc. .
Non so, ancora, se quello stesso popolo che oggi soffre, si lamenta ed impreca, quando dovesse trovarsi davanti alla scelta degli amministratori futuri troverà il coraggio di fare scelte conseguenti oppure si farà nuovamente imbrigliare dalle cosiddette amicizie, sane o interessate che siano, se prenderà ancora per buone le promesse che da ogni parte verranno proclamate, o se prenderà qualche piccola regalia in cambio del proprio voto.
Sono tante le cose che non so ed i dubbi che mi prendono, da persona adusa alle cose della politica, ma da tempo osservatore attento, ma distaccato.
La cosa che so e che vedo è la lenta agonia della città e con essa della sua economia, destinata a collassare se non si porrà rimedio allo sfacelo di questi ultimi anni, caratterizzati da scelte senza criterio, dettate dall'improvvisazione e senza alcuna programmazione.
Perché dì agonia si tratta, a dispetto di chi pensa che questo sia sviluppo.
E’, invece, morte lenta della bellezza, del sentimento, della storia di un popolo, tutto sovrastato e sacrificato sull’altare del profitto di pochi, del clientelismo politico, per la irresponsabilità di chi non sa discernere tra l’interesse generale di una comunità e l’interesse di un singolo o di una categoria di persone.
Ma la cosa che più mi angoscia è che la classe dirigente di questa città sta da tempo sottovalutando il valore pedagogico delle proprie azioni. Ho la sensazione che stia prevalendo, e non da oggi, un modo di intendere la gestione della cosa pubblica che anziché sollecitare l’impegno politico in favore del bene comune, genera cattivo esempio e spinge alla emulazione in negativo, perché chi è preposto a far rispettare le regole non lo fa, o, peggio ancora, aiuta ad agirarle.
Chi fa questo non solo non assolve ad un suo precipuo dovere ma esercita una sorta di incitazione alla disobbedienza, che risulta già oggi devastante.
L’amministratore che giura di impegnarsi per la propria comunità e poi non lo fa determina un pessimo esempio. Che direste di un assessore alla polizia urbana che parcheggia in doppia fila? E di chi dovrebbe curare le politiche sociali in favore delle categorie più svantaggiate, penso alle persone anziane, e poi con le proprie attività intacca i più elementari diritti di queste ultime. Costui tradisce il mandato elettorale e diventa pessimo maestro.
Perché mai il cittadino, giovane o adulto che sia, non dovrebbe sporcare per strada, dovrebbe esimersi dallo schiamazzo notturno, dovrebbe rispettare il riposo dei cittadini e degli ospiti, dovrebbe parcheggiare la propria auto senza recare intralcio alla circolazione, attenersi, insomma, alle leggi ed ai regolamenti se ad altri, singoli o gruppi di persone, è consentito di occupare e di deturpare più o meno abusivamente il suolo pubblico e le bellezze artistiche della città, di rendere insonni le notti dei cittadini a suon di musica fuori dagli orari e dei decibel consentiti, oppure, ancora, di intralciare, questa volta, con panche, gazebo ed ombrelloni la libera circolazione dei cittadini, disabili compresi?
Non è solo esigenza di buona amministrazione, questa. E’ consapevolezza che gli altri, i più giovani, guardano ed imparano dall’esempio che viene loro dai più grandi.
Se è questo l’esempio che arriva dall’alto, vorrei sbagliarmi, ma temo che, per il futuro, non possiamo aspettarci niente di buono.